Introduzione alla linguistica generale.

Materiali integrativi al corso di Didattica delle lingue moderne.

di Manuel Barbera (b.manuel@inrete.it).



2.2 Componenti minoritarie dell'Europa linguistica


2.2.1 Basco (euskara).


L'indoeuropeizzazione, come abbiamo visto nel capitolo precedente, è stato il più grande evento nella storia linguistica (e probabilmente anche genica) d'Europa. Vi sono tuttavia eccezioni: alcune lingue sono entrate in Europa in epoca successiva e già storica, come l'ungherese (uralico) in Ungheria, il turco (turco-altaico) in Turchia ed altre lingue turche minori in Russia centrale, il calmucco (mongolo-altaico) alla foce del Volga ed il maltese (semitico-afroasiatico) a Malta; altre, come le lingue baltofinniche, non si sono probabilmente sovrapposte a strati già indoeuropei; di isole linguistiche realmente preindoeuropee, al di là degli indizi che ricostruiamo per il nuragico di Sardegna ed il "pre-lappone" in Scandinavia, resta solo il basco, anche se il panorama in epoca romana comprendeva ancora molte altre sopravvivenze non indoeuropee ("anarie" come si usa dire con termine un poco antiquato, ma comodo e compatto), come ad esempio l'etrusco, il sicano o l'iberico.

Oggi i dialetti baschi odierni si trovano a cavaliere tra Spagna e Francia, e, nonostante la loro area di diffusione si sia costantemente ritratta nel corso degli ultimi secoli mantengono tuttora una notevole vitalità: il basco standard, o meglio euskara secondo la propria autodenominazione, scritto e parlato, è solidamente attestato tanto nella letteratura come nei media (avete ad esempio mai visto la pagina di google in euskara? provate a cercarla...). La cartina seguente rende conto della sua distribuzione geografica:


Carta linguistica del Basco e dei suoi dialetti

[tav. 1]
Carta linguistica dell'estensione del basco e dei suoi dialetti nella prima metà del Novecento (linea tratteggiato-puntinata) ed all'inizio dell'Ottocento (linea continua); l'area odierna si è ulteriormente, anche se di poco, ristretta. Riprodotto da Carlo Tagliavini, Le origini delle lingue neolatine. Introduzione alla filologia romanza, Bologna, Pàtron Editore, 1982 (6) [1949 (1)], p. 179, che lo adattava da J. Caro Baroja, Retroceso del Vascuense, in "Atlantis" XVI (1941), pp. 35-62.

Sull'origine del basco ben poco di sicuro si sa, anche se, come prevedibile, la fantasia non ha mancato di esercitarvisi. Abbastanza sicura è la connessione con la lingua degli Aquitanus d'epoca romana (anche se la loro localizzazione era piuttosto nel Poiteau odierno) piuttosto che con quella dei Vascones, che era probabilmente un dialetto parallelo. Al di là di questo, si stende il silenzio ... Nessuna connesione plausibile è stata finora proposta. Si va da soluzioni assolutamente fantastiche, come quella che vorrebbe i baschi discendenti addirittura dei Neanderthal anziché dei Sapiens (!), a varie connessioni con lingue esistenti od estinte. La proposta più diffusa (ma non per questo dimostrabile!) vorrebbe il basco connesso con le lingue caucasiche (tutte, alla rinfusa), perché l'etnico "Iberi" si ritrova anche nel Caucaso (ma in sé non prova nulla) e perché tutte queste lingue sono ergative (tra poco vedremo cosa significa) come il basco. Decisamente troppo poco.
L'unico dato reale che si può addurre viene dalla genetica, ed è il seguente:


La quinta CP genica d'Europa

[tav. 2]
Mappa della quinta componente principale genica dell'Europa secondo Cavalli-Sforza. L'area nera individua nettamente la zona basca. Riprodotto da Luigi Luca Cavalli-Sforza - Paolo Menozzi - Alberto Piazza, The History and Geography of Human Genes, Princeton University Press, 1994; trad. it. Storia e geografia dei geni umani, Milano, Adelphi, 1997, p. 554.

In base a questi dati è abbastanza sicuro sostenere che i baschi rappresentano una sopravvivenza della popolazione europea prima dell'espansione neolitica avvenuta tra l'8.000 ed il 6.000 a.C. a partire dall'Anatolia. L'illazione che la loro lingua continui una protolingua paleoeuropea precedente l'indoeuropeo trova dunque ragionevole conferma. Peccato che non ci aiuti a connetterla con altre realtà linguistiche; e data la profondità cronologica (minimo 8-9.000 anni fa ...) a cui tale connessione andrebbe proiettata è altamente improbabile che si possa mai arrivare ad una soluzione.

Il basco non è eccezionale in Europa solo dal punto di vista storico, ma anche da quello sincronico, dato che è tipologicamente fortemente diverso dalla maggior parte delle lingue europee moderne, ed è semmai più simile solo ad alcune delle lingue del Caucaso (ed abbiamo già visto che il fatto non ha mancato di innescare la fantasia degli storici).
Tra le molte singolarità del basco, eccezionali nell'Europa moderna ma comuni alle sole lingue caucasiche di qualsiasi gruppo, ve n'è soprattutto una sulla quale non si può soprassedere: l'ergatività. L'ergatività, di cui abbiamo discorso più diffusamente nel § 1.2.5, si potrebbe descrivere come una proprietà dell'accordo verbale: nelle nostre lingue (dette da questo punto di vista "accusative") il soggetto dei verbi intransitivi (a partecipante unico, tipo "Mario va", lat. "Marius [NOM] it") è trattato nella stessa maniera di quello dei verbi transitivi (a due partecipanti, tipo "Mario mangia la braciola", lat. "Marius [NOM] assum [ACC] edit"); in lingue di tipo ergativo, invece, il soggetto dei transitivi (che propriamente è di solito un agente) viene marcato in modo diverso (caso o sistema di accordo "ergativo"), mentre il soggetto degli intransitivi e l'oggetto dei transitivi vengono trattati alla stessa maniera, in genere lasciandoli non marcati (caso o sistema di accordo "assolutivo"). Il fenomeno risulterà più chiaro se confrontiamo due lingue che hanno caso morfologico espresso, ossia che, in altre parole, hanno l'ergatività o l'accusatività marcata nella morfologia del nome ("caso"), di solito più trasparente, oltre che nella morfologia verbale ("persone"), di solito più complessa, come abbiamo fatto nelle tavole 6 e 7 del § 1.2.5. Se questo è vero in generale, avevamo anche detto che non si trovano, praticamente, quasi mai lingue "puramente" ergative od accusative, esistendo spesso restrizioni ad una zona della grammatica piuttosto che ad un'altra (quando il fenomeno è consistente viene detto "split ergativity").
Una osservazione molto interessante è che, nonostante che quasi tutte le lingue indoeuropee moderne siano accusative, il protoindoeuropeo si pensa che fosse ergativo. Questo in base a vari indizi del tipo seguente (faccio solo uno degli esempi più semplici): in tutte le lingue IE con flessione nominale (latino, greco, gotico, sanscrito, ecc.) nominativo ed accusativo sono distinti al maschile ed al femminile ed invece conguagliati al neutro; dato che i sostantivi neutri, essendo non animati, potranno solo difficilmente ricoprire il ruolo di agente, potremmo ravvisarvi una vecchia distribuzione "assolutiva". Al di là dell'interesse indoeuropeistico della cosa, per noi la cosa è istruttiva in quanto denuncia tutta la fragilità del ricorso ad argomenti tipologici (basco e lingue caucasiche sole ergative? Dunque parenti. No, se anche l'indoeuropeo lo era) per provare la parentela linguistica.


2.2.2 Lingue caucasiche: etichetta geografica?


L'etichetta di lingue "caucasiche", in realtà, è solo geografica, ricoprendo tre gruppi distinti di lingue, questi sì genetici e (relativamente) sicuri: il kartvelico (o caucasico meridionale), il caucasico occidentale ed il caucasico nordorientale (a volte anche chiamato semplicemente settentrionale od orientale tout court), che è il meno assestato e più problematico. Spesso, specie da parte di studiosi locali (la tradizione scientifica georgiana, in particolare, è di altissimo livello) si è cercato di unire i tre gruppi in unica macrofamiglia, ma se tra W e NE si è fatto molto (l'unità proposta è spesso indicata come "caucasico N"), e ci sono buone probabilità di successo, il gruppo S ha piuttosto più chances di avere relazioni con l'indoeuropeo che non con il caucasico N, per il quale sono stati invece avanzati interessanti collegamenti con la piccola famiglia "paleosiberiana" dello jeniseiano.
L'area, va innanzitutto detto, è in realtà un vero groviglio di etnie e lingue, che la rende l'area con maggiore glottodiversità d'Europa. Oltre ai tre stock "caucasici", che possiamo presumere antichi ed in qualche misura originari della zona, vi sono anche esponenti di altre famiglie linguistiche. In primo luogo, vi sono lingue indoeuropee di antica presenza, come l'osseto (iranico, continuatore dello scita di età classica, che conosciamo prevalentemente in base a testimonianze indirette, poche epigrafi, legende su monete, onomastica e toponomastica) e l'armeno, dotato di una ricca tradizione letteraria a partire da epoca medioevale. In secondo luogo, poi, vi sono anche lingue "altaiche" (per le quali cfr. oltre), la cui presenza è cospicua ma di più recente data, ossia turche a Sud, con il turco proprio in Turchia e l'azero in Azerbaijan, e lingue mongole a Nord, col il calmucco nella foce del Volga. La carta seguente può dare una sommaria idea di come stiano le cose.


Etnie nel Caucaso

[tav. 3]
Il complicato groviglio di etnie nel Caucaso. Riprodotto da Roland J.-L. Breton, Les ethnies, Paris, PUF "Que sais-je", 1981, p. 94. È disponibile anche una versione grande, a piena pagina, della tavola. Nella tavola si possono identificare, oltre ad etnie parlanti lingue caucasiche (S: georgiani; W: abkhazi, kabardini, circassi; NE: ceceni, ingusci; avari, lak, ecc.) anche importanti presenze di lingue turca (azeri) ed indoeuropee (armeni ed osseti, quest'ultimi discendenti degli antichi sciti).

La cartina rispecchia ancora la realtà dell'ultima Unione Sovietica, e necessita pertanto di qualche riaggiustamento mentale. Ma la latitanza di materiali recenti già fa riflettere sui problemi anche politici della zona, sulla quale, di solito, è conveniente per tutti (Europa in primis) calare un poco pietoso velo di disinformazione. Oltre alle passioni politiche (contese di territorialità russe - Cecenia -, georgiane - Abkhazia - ed azere - Nagorno Karabakh), vi sono forti interessi economici (petrolio azero), e su tutto un considerevole mosaico religioso in cui, mentre russi, georgiani ed armeni sono rimasti saldi a diverse confessioni cristiane, il fondamentalismo islamico è facilmente attecchito.

Tutte queste lingue sono particolarmente interessanti perché presentano caratteristiche linguistiche piuttosto rare (in Europa od in assoluto) o comunque molto rilevanti per lo studio della linguistica generale. Esistono, tra l'altro, alcune caratteristiche areali comuni nelle lingue del Caucaso (che si estendono, pertanto, di solito anche alle lingue indoeuropee dell'area, ecludendo tuttavia le lingue turche, tipologicamente troppo divergenti e cronologicamente più recenti nell'area), come la presenza di serie di fonemi glottidalizzati, o l'ergatività.
Sintatticamente, infatti, una caratteristica comune in quasi tutte le lingue caucasiche, di qualsiasi gruppo, è proprio l'ergatività, proprietà che nell'Europa moderna si riscontra quasi solo in basco, parlando del quale l'abbiamo sommariamente definita. Nelle lingue caucasiche, peraltro, sono molto frequenti fenomeni di "split ergativity", come ad esempio in georgiano.

Un ulteriore elemento di interesse è che nella zona sono attestate lingue molto attiche scritte in cuneiforme in tradizione diretta (hurrico ed urarteo) o mediata dall'ittita (hattico), che sembrano potersi collegare agli stock linguistici moderni.


2.2.3 Lingue kartveliche (caucasiche meridionali).


Si tratta di una piccola e molto coesa famiglia, che comprende il georgiano (autodenominazione traslitterata kartuli ena ed in russo traslitterato gruzinskij jazyk; il nome "georgiano" viene propriamente dalla denominazione in persiano, gurg^ii), lingua ufficiale della Repubblica Georgiana, con una grande tradizione culturale e letteraria a partire dal Medioevo, e con un sistema dialettale molto articolato, e poche altre lingue minori (ma ancora nell'ordine delle decine di migliaia di parlanti, laddove il georgiano è intorno a tre milioni e mezzo), parlate prevalentemente nella Georgia medesima, ossia lo swan (autod. lušnu nin, georg. svanuri ena) ed il mingrelico (autod. margali nina, georg. megruli ena) a Nord, ed il Laz (autod. lazuri nena, georg. c^'anuri ena) a Sud, parzialmente anche in Turchia. Nonostante la separazione geografica, laz e mingrelico sono spesso considerati dialetti di un'unica entità, chiamata zan.


Le lingue caucasiche meridionali

[tav. 4]
Le lingue kartveliche (caucasiche meridionali). La cartina (purtroppo in tedesco) rappresenta anche i principali dialetti georgiani. Oltre alle lingue Caucasiche S (numeri 1-4), sono rappresentate anche alcune lingue caucasiche W ed indoeuropee. Riprodotto da G. V. Klimov, Kavkazkie jazyki, Moskva, Nauka, 1965; trad. tedesca Die kaukasischen Sprachen, Hamburg, Helmut Buske, 1969. È disponibile anche una versione grande della tavola.

Dal punto di vista della linguistica storica la ricostruzione del proto-kartvelico è ormai solidissima, e presenta interessanti coincidenze tipologiche con il protoindoeuropeo (ad esempio l'apofonia), ed anche un rilevante numero di isoglosse lessicali.
Dal punto di vista sincronico, invece, presenta molte caratteristiche interessanti. A livello fonetico, ad esempio, il georgiano è ben noto (e temuto dagli apprendenti) per la capacità di presentare clusters consonantici anche molto pesanti: quelli di 4 consonanti sono comunissimi, non mancano quelli di 5 o 6 componenti, e, appena un poco innaturalmente, «if one cares to imagine a personified orange saying "he peels us", we can produce an 8-term cluster: gvprckvnis» (Bernard Comrie, The Language of the Soviet Union, Cambridge - London - New York - New Rochelle - Melbourne - Sydney, 1981, p. 200). È, tuttavia, soprattutto a livello morfologico (la coniugazione verbale del georgiano è di complessità inaudita, mentre la morfologia nominale è estremamente parca) e sintattico che non mancano motivi di interesse. In georgiano e swan, infatti, si ha una situazione di split ergativity (con le relazioni dei partecipanti marcate nel complesso verbale) abbastanza originale: la costruzione è ergativa nel sistema dell'aoristo, accusativa nel sistema del presente, mista nel sistema del perfetto; e per di più alcuni verbi specifici seguono regole proprie. Questo, unito ad una morfologia verbale intricatissima, rende il georgiano una lingua alquanto difficile, anche se estremamente affascinante.


2.2.4 Lingue caucasiche occidentali.


Anche la famiglia delle lingue caucasiche occidentali è piuttosto piccola, e non ha lingue dal prestigio culturale e dalla tradizione scritta del georgiano, anche se per quasi tutte in anni sovietici è stato sviluppato uno standard scritto in cirillica. La distribuzione geografica è estremamente sfrangiata, con quasi nessun dialetto in un territorio continuo, ma sempre immerso in un continuo georgiano o russo. Tutte le lingue sono parlate in Georgia e Russia, con l'unica eccezione dell'Ubykh, oggi moribondo, di cui un nutrito gruppo di parlanti era migrato in Turchia, ad Haci Osman Köyu sul Mar Nero (dove fu "scoperta" dal noto linguista, famoso per i suoi studi sulla mitologia indoeuropea, Georges Dumezil, che la descrisse nel 1931): nel 1985, secondo un rapporto di Eurolingua, rimanevano in vita 50 parlanti, nella zona originaria dell'Abkhazia, e 20 in Turchia.


Le lingue caucasiche occidentali

[tav. 5]
Le lingue caucasiche occidentali, in una cartina purtroppo in tedesco, e rappresenta anche i principali dialetti georgiani. Oltre alle lingue Caucasiche W (numeri 1-5), sono rappresentate anche alcune lingue caucasiche S ed indoeuropee; non è invece rappresentata l'ubykh, in quanto semiestinto. Riprodotto da G. V. Klimov, Kavkazkie jazyki, Moskva, Nauka, 1965; trad. tedesca Die kaukasischen Sprachen, Hamburg, Helmut Buske, 1969. È disponibile anche una versione grande della tavola.

Uno dei problemi maggiori, dal punto di vista classificatorio, è tracciare i confini nel continuo dialettale circasso. Una proposta di sintesi che rappresenta abbastanza la media del consenso tra gli studiosi è rappresentato nella tavola seguente:


Classificazione delle lingue caucasiche occidentali

[tav. 6]
Una proposta di classificazione delle lingue caucasiche occidentali. Tratta da miei vecchi materiali (1990) inediti. La griglia classificatoria è stabilita in modo tassonomico, come discusso in generale con riferimento alla biologia nel precedente capitolo, e come più diffusamente illustrato per le lingue baltofinniche in quello successivo. In particolare, le unità lingua (tutte "scritte" e standard, tranne il povero ubykh) sono quelle evidenziate in numeri arabici.

Alle lingue caucasiche occidentali è stata a volte collegabile, su basi piuttosto fantastiche, una lingua dell'Anatolia antica, già morta in epoca imperiale ittita (e che ad essi diede il nome), ma della quale ci sono conservati brani e lacerti in testi ittiti: il hattico. La nostra conoscenza di questa lingua (al di là dei limiti della documentazione intrinsecamente "strana" e difficile: si tratta di una lingua prefissante ed ergativa, fortemente agglutinante, e tramandata in testi rituali, quando già era una lingua morta e solo più cultuale) è ancora troppo imperfetta per ammettere illazioni sulla sua affiliazione genealogica.

Una caratteristica peculiare delle lingue caucasiche occidentali è la ricchezza dell'inventario fonologico consonantico, che raggiunge le 81 unità in ubykh (anche le lingue caucasiche NE hanno a volte inventari consonantici molto ricchi, in 23 casi tra le 30 e le 46 consonanti, comunque sempre meno che nella "più povera" delle lingue W, il kabard che ne ha 48, ed anzi l'archi ne ha 70 ed il khinalug 76), che è a lungo stata creduta la detentrice di questo primato (cfr. ad es. Haudricourt Richesse en phonèmes et richesse en locuteurs, in «L'Homme» I (1961)1 pp. 5-10), messo a repentaglio solo da poche lingue africane (si è spesso accennato allo !xóõ, una lingua khoisan parlata tra il Botswana SW e la Namibia E, la cui interpretazione fonologica è però assai ardua: cfr. Anthony Traill, Phonetic and Phonological Studies of !Xóõ Bushmans, Hamburg, Helmut Buske Verlag, 1985 «Quellen zur Khoisan-Forschung» 1). Dagli anni Novanta si dice, invece, che il primato spetti allo yélî dnye o rosselese, la lingua isolata ("papua", cfr. § 2.7.5) dell'isola Rossel, nell'estremità est dell'arcipelago Louisiade (Milne Bay, New Guinea) che vanterebbe ben 90 fonemi, di cui 57 consonanti e 33 vocali (ma tutto sta a come si fanno i conti!). L'effetto auditivo che hanno queste lingue, in effetti, è piuttosto dirompente: se volete farvene un'idea sono disponibili sul sito TITUS alcuni wave di abkhazo. Nella tavola seguente presento il sistema fonologico dell'ubykh:


I sistema fonologico consonantico dell'ubykh

[tav. 7]
Il sistema fonologico dell'Ubykh; le tre consonanti tra parentesi tonde sono usate solo nei prestiti (e sono la ragione per cui l'inventario può oscillare tra 80 ed 83); nell'interpretazione classica di Dumezil sono inoltre da aggiungere due fonemi vocalici, /a/ ed /e/.
Riprodotto da Bernard Comrie, The Language of the Soviet Union, Cambridge - London - New York - New Rochelle - Melbourne - Sydney, 1981, p. 202.
Comrie usa una "messa in pagina" diversa da quella cui ci siamo abituati negli altri esempi affrontati in queste lezioni, ponendo i punti di articolazione (da anteriori a posteriori) in ordinata, ed in ascissa i gradi d'apertura del canale fonatorio (da occlusivi ad approssimanti); anche le correlazioni vengono in parte poste in ordinata (sordità, sonorità, glottalizazzione) parte in ascissa (faringalizzazione, labializzazione). Per meglio interpretare questo sistema, provate a seguire il secondo percorso di studio della fonologia suggerito nel paragrafo su Trubeckoj.

Le vocali in compenso sono fonologicamente estremamente limitate (mentre in caucasico NE vi sono sistemi più complessi, con anche lunghezza e palatalizzazione distintive), dato che le numerosissime variazioni fonetiche sono solo combinatorie, provocate dalle complicate articolazioni delle consonanti circostanti: se per l'ubykh Dumezil proponeva due vocali fonologiche, la discussione è vertita soprattutto sulle lingue circasse, dove si è passati dalla idea tradizionale (risalente a Trubeckoj) che vi fossero /a/ ed /e/ più schwa, al riconoscimento delle sole /a/ e schwa, e quindi, con Kuipers 1960, alla proposta inquietante (e spesso rigettata) che vi fosse in kabard un fonema vocalico unico, cosa che, fonologicamente, equivarrebbe a dire nessuna vocale distintiva (per una miglior comprensione cfr. il primo percorso di studio sulla fonologia suggerito nel paragrafo su Trubeckoj; confrontate anche la situazione dello iatmul, una lingua ndu del basso Sepik (Lower Sepik - Ramu, Papua), § 2.7.5).


2.2.5 Lingue caucasiche nordorientali.


La famiglia caucasica NE è la più vasta e meno assestata delle tre "caucasiche". Lo sfrangiamento, che già avevamo verificato nelle lingue caucasiche W, raggiunge qui una complessità senza precedenti, complice anche la complessa orografia del territorio, ed in minor misura i massicci "spostamenti di popolazione" (come si solevano chiamare le deportazioni ed i genocidi in epoca sovietica, con una tattica dell'ingentilimento antesignana della "politically correctness" all'americana che impazza oggi).


Le lingue caucasiche nordorientali

[tav. 8]
Le lingue caucasiche Nordorientali, in una cartina in tedesco. Riprodotto da G. V. Klimov, Kavkazkie jazyki, Moskva, Nauka, 1965; trad. tedesca Die kaukasischen Sprachen, Hamburg, Helmut Buske, 1969. È disponibile anche una versione grande della tavola.

Non tutto è chiaro nell'articolazione interna della famiglia. I gruppi più sicuri e consistenti sono quello centrale, ceceno-inguscio, ed il gruppo daghestaniano settentrionale, avaro-andi-dido. Molto resta da fare, invece, nel gruppo daghestaniano meridionale, lesghico, al cui interno sono state aggiunte anche abbastanza recentemente nuove lingue, e la posizione di altre (khinalug ed archi, specialmente) è tuttora incerta. L'intera famiglia caucasica NE, ad essere onesti, non è ancora ricostruita con tutta la solidità che la più rigorosa pratica della grammatica storico-comparativa richiederebbe, ma, almeno nelle sue linee basilari, non resta molto adito al dubbio. L'architettura generale è la seguente:


Classificazione delle lingue caucasiche nordorientali

[tav. 9]
Una proposta di classificazione delle lingue caucasiche nordorientali; si tenga conto che le due principali suddivisioni è meglio chiamarle come "centrale" ed "orientale". Tratta da Bernard Comrie, The Language of the Soviet Union, Cambridge - London - New York - New Rochelle - Melbourne - Sydney, 1981, p. 197. Nella sua tassonomia, si noti, Comrie introduce anche due ordini di informazioni accessorie: la localizzazione ed il numero di parlanti.

Alle lingue caucasiche NE sono state anche collegate (principalmente da I. M. Diakonoff - S. A. Starostin, Hurro-Urartian as an Eastern Caucasian Language, München, R. Kitzinger, 1986) due lingue, attestate in scrittura cuneiforme e parlate nel vicino oriente antico, la cui reciproca parentela è indiscussa, e la cui interpretazione è discreta ma non ottimale: (1) l' hurrico (cfr. per la lingua, una volta tanto in italiano, Mauro Giorgieri, Schizzo grammaticale della lingua hurrica, in "La parola del passato" LV (2000) 171-277, per la civilizzazione e la storia, invece, Gernot Wilhelm, The Hurrians, Warmister (UK), 1989), l'antica lingua del regno di Mitanni nell'alta Mesopotamia, attestata a partire dalla III dinastia di Ur intorno al 2000-1950 a.C. e poi in diverse localizzazioni (spesso con problemi scribali o dialettali propri), tra cui ha particolare importanza quella della cosiddetta "lettera di Mitanni", un documento spedito dal re hurrita Tušratta al faraone Amenophi III nella metà del XIV sec. a.C. rinvenuta nell'archivio egiziano di Tell el Amarna; e (2) l'urarteo, attestato molto più tardi, in iscrizioni dal IX al VII secolo a.c., in una zona grosso modo corrispondente all'odierna Armenia. Tali collegamenti, che inizialmente erano stati accolti abbastanza favorevolmente, oggi, col grande progresso degli studi hurrici negli ultimi vent'anni, «si sono rivelati assai poco credibili» (Giorgieri 2000, cit., p. 176), in quanto l'analisi delle parole hurriche (ossia la loro corretta segmentazione in radici ed affissi, e l'interpretazione semantica delle prime e grammaticale dei secondi) su cui si poggiavano le comparazioni di Diakonoff e Starostin è fortemente mutata. L'ipotesi, in altre parole, è al momento di fatto non dimostrata; anche se non appare completamente implausibile, bisognerà attendere dati più sicuri su cui eventualmente riprovare a metterla alla prova.

Caratteristica delle lingue caucasiche NE, oltre all'ergatività diffusa in tutta l'area, è la complicata morfologia nominale, tanto per la presenza di classi (assenti del tutto in Caucasico S e limitatissime in Caucasico W), quanto per la flessione casuale particolarmente esuberante, soprattutto nel gruppo daghestaniano: sono giustamente famosi (a partire da Louis Hjelmslev, La catégorie des cas. Études de grammaire générale, Aarhus, Universitetsvorlaget, 1935 "Acta Jutlandica" VII/1) i 52 casi del tabassarano, in cui oltre ad una prima batteria di casi sintattici (tra cui assolutivo, ergativo, genitivo, dativo, avverbiale, equativo, predicativo, attributivo, ecc.), si ha uno stupefacente sistema di 40 casi locativi. Secondo l'analisi di Hjelmslev (resa ben nota nella linguistica italiana da un vecchio ma aureo manuale, Carlo Tagliavini, Glottologia, Bologna, Pàtron, 1969 (7a ed.) e 1936 (1), Vol. II pp. 214-257) il suo "sistema sublogico" (come Hjelmslev chiamava la struttura delle relazioni logiche in qualche modo "prelinguistiche" soggiacenti alla griglia logica, "forma del contenuto", che ogni langue si dà) è articolato su tre dimensioni (5×4+4): "direzionalità", "+inerenza" (interiorità) e "-inerenza" (esteriorità), al modo seguente (in orizzontale la direzionalità, in verticale l'inerenza):


-
-
-
locativo
stato
direttivo
moto a -avvicinamento
-na
lativo
moto a +avvicinamento
-indi
comitativo
compagnia
-ri
ablativo
allontanamento
-an
inessivo II
in, presso
(-f)
=

-f-Ø


-f-na


-indi


-ri


-an
adessivo II
vicino, accanto
(-h)
=

-h-Ø


-h-na


-h-indi


-h-ri


-h-an
superessivo
sopra
(-¿il)
=

-¿il-Ø


-¿il-na


-¿il-indi


-¿il-ri


-¿il-an
subessivo
sotto
(-k)
=

-k-Ø


-k-na


-k-indi


-k-ri


-k-an
inessivo I
dentro / interno
(-¿)
=

-¿-Ø


-¿-na


-¿-indi


-¿-ri


-¿-an
adessivo I
presso / aderenza
(-k‘)
=

-k‘-Ø


-k‘-na


-k‘-indi


-k‘-ri


-k‘-an
interessivo
fra, tra
(-q)
=

-q-Ø


-q-na


-q-indi


-q-ri


-q-an
postessivo
dietro
(-q‘)
=

-q‘-Ø


-q‘-na


-q‘-indi


-q‘-ri


-q‘-an

[tav. 10]
Il sistema dei casi locativi del tabassarano in base a Hjelmslev 1935 e Tagliavini 1936/1969 citt. Riporto, per semplificare, il nome dei casi solo per i capo-serie; il grafema "¿" è usato per una laringale.

La faccenda, in realtà, è ancora più complessa, come 50 anni dopo si sa. Tanto per iniziare oggi i conti nella lingua standard darebbero (inclusi i casi non locativi) nel tabassarano standard un totale di 48 e nel dialetto meridionale 53; ma altre lingue del gruppo raggiungerebbero cifre ancora più alte, soprattutto il lezgo che totalizzerebbe 126. È stato però notato (cfr. Bernard Comrie - Maria Polinsky, The Great Daghestan Case Hoax, in Case, Typology, and Grammar: in Honor of Barry J. Blake, edited by Anna Siewierska and Jae Jung Song, Amsterdam (NL) - Philadelphia (USA), John Benjamins, 1998 "Typological studies in language" 38, pp. 95-114), che effettivamente dovrebbero contare solo i suffissi veramente presenti nella lingua (che sono quelli che un apprendente deve davvero imparare, insieme alle loro regole di combinazione), non le loro combinazioni. In tal caso le cifre scenderebbero rispettivamente a 14, 15 e 18.
Sistemi casuali complessi, comunque, sono comuni nell'Eurasia soprattutto nelle lingue uraliche; le lingue indoeuropee avevano una flessione casuale al contempo più semplice (non più di 7-8 casi) e complessa (classi flessive distinte e molta fusione nei morfemi), ma in fase moderna hanno ridotto (quando non perso: lingue romanze, inglese) molto i loro sistemi; sostandosi verso l'Asia, invece, i sistemi casuali diminuiscono di rilevanza - il giapponese, ad esempio ha un sistema molto semplice, ed il cinese non ha addiritura caso morfologico espresso.
A completamento di quanto qui visto presenteremo tuttavia almeno i sistemi dei casi locativi dell'ungherese e del finnico, che presentano soluzioni sistematiche ed originali.


2.2.6 Lingue afroasiatiche.


L'afroasiatico è propriamente l'unione di cinque vaste famiglie, più una lingua scomparsa (l'antico egiziano), tra loro molto più filogeneticamente distanti di qualsiasi ramo dell'indoeuropeo o dell'uralico. Tra queste sei componenti solo una (il semitico) è di diffusione asiatica, tutte le altre sono invece in Africa. Dato che il baricentro della macrofamiglia è nettamente africano (in europa vi è solo il maltese, semitico) ci limiteremo solo a questo scarno accenno nella nostra rassegna sull'Eurasia.
La costituzione del raggruppamento è dovuta a Greenberg (prima si parlava di solo "semito-camitico" limitato a semitico, egiziano, berbero e cuscitico). Sembra tuttavia ormai abbastanza comprovato anche con metodi più affidabili di quelli di Greenberg, anche se ad essere pignoli alcuni gruppi sono di posizione ancora incerta (è il caso soprattutto delle lingue del Chad).


Le famiglie linguistiche afroasiatiche

[tav. 11]
Le famiglie linguistiche comprese da Greenberg nell' "afroasiatico". Riprodotto da Merritt Ruhlen, A Guide to the World's Languages, Volume 1: Classification, Stanford (California), Stanford University Press, 1987, p. 86, per altro verso (come già sottolineato) assolutamente inaffidabile e sconsigliabile a qualsiasi titolo.